The promotion has just begun there now, as we are writing this post, so we are hoping that the reviews will keep coming and they will be as good as the first ones listed below. Grazie!
Eraskor.com (80/100)
Una band dall’Ungheria….e che band! Facciamo il punto della situazione, i Superbutt si formano a Budapest intorno all’anno 2000 mettendo a segno in 12 anni cinque album, un ep e suonando a circa 600 concerti in ambito Europeo.
Music For Animals, ultimo lavoro della band registrato nel 2011, un album che nonostante la sua lunghezza costituita da ben diciassette tracce suddivise in 2 cd (per questa versione deluxe ndr.), scivolano via in men che non si dica. Classic metal, tanto groove, thrash metal e hard rock che vi faranno sobbalzare dalla sedia. Un sound ricco di sfaccettature e soluzioni che permettono all’ascoltatore di pogare a ritmo di Phil Anselmo Style in una traccia e nel più classico degli stili in un’altra. Canzoni cariche di “massacrante pesantezza” ma sempre con quel ritornello pronto ad eccitare il cervello che in alcune tracce ricorda i Darkane e Soilwork e in altre più cupe i Nevermore. Riff incandescenti, assoli che scaldano i cuori e un vocalist sempre carico a 1000. Il pezzo più particolare è sicuramente Pokolra Kell. Ottima anche l’idea di avvalersi di una bellissima voce femminile in alcune tracce e di usare la lingua madre in quattro song del secondo dischetto. Inoltre, un plauso alla cover She’s A Lady di Tom Jones, identica all’originale ma in chiave più moderna.
Ci auguriamo che ben presto facciano breccia tra i metallari italiani, una band dalle qualità eccelse! (Ermanno M.)
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The Murder Inn (8,5/10)
Apro internet e mi ritrovo questo press-kit nella mail. La lettera di presentazione dice che gli ungheresi Superbutt sono portati in Italia dalla Music Solutions Agency ed andando a guardare un pochino in rete si vede che i musicisti proprio di primo pelo non sono. Numerosissimi concerti nel corso della decennale carriera (praticamente hanno girato l'Europa), cinque album + un EP registrati e un cambio di line-up che ha lasciato solo il cantante come memoria storica della band. Biglietto da visita? Muscoli, groove ed il vocione malleabile di András Vörös.
Come suona Music For Animals? I Superbutt sparano cartucce all'uranio impoverito, pesanti e letali. Seppur su un ordito che, seppur personale, non è completamente innovativo.
Il connubio fra una sezione ritmica quadrata e precisa, un riffing memore del groove metal (Pantera, Black Label Society ma perché non andare a trovare anche qualche rimando nella New Wave Of American Heavy Metal?) e ottime aperture melodiche, fanno di Music For Animals un disco ad ampio spettro di gradimento.
Su tutto probabilmente svetta la completezza della traccia Best Plays, che gioca perfettamente su registri metal (ma non solo) e sviluppa aperture melodiche di ottima fattura adagiate su ritmiche compresse.
Questo gioco degli opposti emerge spesso, caratterizzando il suono dei Superbutt in maniera più marcata di qualsiasi altra definizione (a parte, forse, l'enorme portata del groove insito nel loro suono). Le ritmiche thrash di Natasha vengono stemperate in liquidi rimandi melodici (vocali e strumentali), mentre Ugly Head si presenta brutta, cattiva ed incazzata (palma che potrebbe spettare anche a Evil Blues) fino ad inchiodarti sul posto con un ritornello melodico.
Il primo disco della versione "classica" di Music For Animals si chiude con l'intrigante Revolting Kids e Murder Of Socrates, in cui esce un'anima quasi epica della band.
Da pochissimo è uscita anche una versione deluxe del disco, comprendente un altro Cd di sette canzoni: quattro cantate in lingua madre, un paio di inediti (fra cui l'hard rockeggiante She's A Lady) ed Rockin' In The Free World in cui sembra di trovarsi davanti a Neil Young sotto effetto di Pantera e Corrosion Of Conformity.
Il secondo Cd non si discosta minimamente dalla strada maestra percorsa dai Superbutt, un groove metal accentuato, martellante, melodico nel suo tentativo di variare dal mero brandire la chitarra come un'ascia e sfondare timpani (e palle) con ritmiche ripetitive. Questo secondo Cd non fornirà una visione dal buco della serratura dell'anima nascosta dei Superbutt, ma ti aiuta a capire che la band una visione ce l'ha e la perseguono a spallate. (Neni)
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Suoni Distorti Magazine
I Superbutt sono una band ungherese attiva sin dal 2000, abbastanza conosciuta in giro per l'Europa e molto acclamata nella propria patria, ma, ahimè, ancora non molto nota in Italia.
Forti di 5 full lenght ed un'ep già pubblicati ed una serie numerosissima di concerti in giro per il mondo, lo scorso 2011 la band, con una lineup rinnovata (a parte il vocalist), si ripresenta sul mercato con un nuovo album intitolato 'Music For Animals', tramite Sonic Attack records e portati all'attenzione del pubblico tricolore dalla validissima Music Solution Agency.
Dedicarsi all'ascolto di 'Music For Animals' è stata un'esperienza interessante, vista la validità del prodotto. Un sound moderno che vede molte sfumature, dall'hard'n'heavy al thrash metal a certi aloni hardcore, con un certo groove molto avvolgente..... quindi un mix di influenze e soprattutto di idee variegate e ben assemblate.
L'opener 'Cleaver' getta subito le basi di quello che dovrà attendersi l'ascoltatore; riff massicci ed avvolgenti, come i Pantera hanno insegnato anni or sono, seppur durante tutto l'ascolto del disco non manchino alcuni richiami ai Black Label Society o, avanzando cronologicamente, a certi Lamb Of God.
Si passa da momenti accelerati, conditi da doppia cassa e soluzioni più ragionate, come ad esempio si ascolta in 'Revolting Kids' a pezzi dove convivono in maniera ottimale rabbia e melodia, senza sdegnare parentesi più soft, un'esempio è la finale e lunga 'The Murder Of Socrates', dove ad atmosfere tranquille vengono accostate alcune sparate che mi hanno fatto venire in mente alcune soluzioni adottate anche dai Nevermore; band che sicuramente rientra tra gli ascolti preferiti dei Superbutt.
Le dieci song presenti nell'album, riescono a tenere viva l'attenzione di chi ascolta, riuscendo a trascinare, come 'Evil Blues', dalla partenza thrashy molto martellante, ai limiti del death, con all'interno aperture melodiche supportate da una cavalcata ritmica ben impostata.
Ottima la performance del singer András Vörös, che riesce a passare in maniera del tutto naturale e fluida da graffianti e disperate parti "urlate" a momenti di clean vocals davvero emozionali.
Ma è tutta la band a rendersi ottimamente partecipe, con una buonissima preparazione ed estrema coordinazione ed attitudine (questa a tratti "guerrafondaia").
Tra i brani che colpiscono annovero anche 'Natasha', aperta da un possente riff ruvido e tagliente, che apre la strada a soluzioni di chiara matrice thrash, condite da da alcune sensazioni melodic death. Nella song anche alcuni giri di basso facili da ritrovare in certe composizioni hard rock. Tutto in questo album ha una costante evoluzione sonora, senza star mai fermo ad un genere definito e dritto, ed è proprio questo il punto forte.
Non esistono momenti noiosi, si ha sempre voglia di star li ad ascoltare come prosegue ogni singola traccia, non ritrovandosi (quasi) mai in momenti scontati, riuscendo a riscontrare anche una certa personalizzazione del sound, seppur lo stesso non sia qualcosa di mai sentito prima.
Descrivere tale lavoro a parole risulta poco simpatico, per la paura di non rendere una vera "giustizia" al prodotto, poichè andrebbe ascoltato, tutto in una volta. I pezzi in sede live saranno sicuramente ancora più d'impatto, dove si potrà allegramente fare un sano e potente headbanging, sfociando in situazioni di pogo obbligato!
I Superbutt sono una validissima risposta al metal moderno americano, facendo chiaro che anche in Europa abbiamo realtà che spaccano il culo, quindi si atteggiassero poco. Non mancano alcuni influssi alternative metal durante tutto l'ascolto, oltre alcuni aloni, come indicato anche prima, provenienti dall'hardcore melodico, oltre ad alcuni spunti crossover. Metaforicamente parlando, una gustosa insalata sonora.
Altro pezzo chiave è 'Ugly Head' dove vortici di chitarra travolgono il sistema uditivo, facendo salire alla testa una grandissima voglia di distruggere tutto, alternati ad intermezzi più melodici e un'immancabile groove possente, come la band ama proporre; quindi un'altro esempio di buona miscela tra energia e melodia. Personale il cantato, che palesa una sua "teatralità", per certi aspetti, presentandosi in alcuni momenti strafottente, in altri rabbioso ed in altri ancora oserei dire "sognante".
La produzione rende il giusto spazio a tutti i musicisti, anche se qualche "pulizia" come resa sonora andrebbe fatta, così da rendere ancora più d'impatto un lavoro già esplosivo di per se. Una miscela sonora come questa merita una produzione "coi fiocchi", cosa che purtroppo l'attuale non è del tutto.
E' disponibile anche una versione deluxe dell'album, con un secondo cd (questa di cui vi sto parlando), contenente sette tracce di cui quattro cantate in ungherese. Mantenendosi sempre nel proprio stile, quindi come descritto sino ad ora, la band mostra come la propria lingua di origine si adatti perfettamente al metal.
Tutti i pezzi risultano un buon ascolto, dalla travolgente 'Pont Kozepre', dove una possente dose di groove vi stritolerà il sistema uditivo, e dove non mancano aree melodiche che fanno venire in mente certe soluzioni dal sapore svedese, alla conclusiva 'Rockin' In The Free World', con soluzioni sulfuree che avanzano in un crescendo di energia e tanta grinta che trova le proprie radici nell'hard rock più pesante e cori che definirei esilaranti.
Si passa tra validi episodi come 'Szikra' con alcuni riff heavy inseriti su una base thrash moderna che mi ha fatto venire in mente certi Nevermore, e la sinistra 'Panic', dove fuoriesce un certo alone horrorifico, con alcuni controtempi ritmici e soluzioni melodiche più di matrice rock che metal. Azzeccatissimo anche il piccolo stacco verso il finale sorretto dalla sola voce accompagnata dai cori.
Ancora una volta, sul secondo dischetto, la band mostra le sue numerose variegature stilistiche, seppur, come per il cd 1, nulla di prettamente innovativo viene dato in pasto all'ascoltatore.
Volendo ricercare qualche pecca, oltre la già citata produzione che avrei preferito più pulita in un contesto come questo, ci sarebbero da spuntare alcuni momenti dove si giunge a lievi influenze poco personalizzate. Ma parliamo di piccolezze, poichè l'album si sorregge da solo; oltretutto parliamo di musicisti con una certa esperienza alle spalle e si sente benissimo. Giungendo al conto, un'album che ogni amante del metal di nuova scuola troverà gustoso e travolgente, seppur suggerisco l'ascolto anche ad un pubblico più ampio.
Un plauso ai Superbutt per un lavoro avvincente e trascinante, che comunque riuscirà a far breccia in chi ama queste sonorità. Dal mio canto, non mi sarei mai aspettato che certe sonorità moderne avessero potuto trainarmi così, viste le mie personali preferenze musicali. State certi che se ho pigiato più volte "play" io, sul lettore, voi lo farete ancora di più. (Francesco ChiodoMetallico)
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Metalhead.it (7/10)
E’ forse giunto il momento di dare una risposta seria a quelle band figlie dei Pantera e Machine Head e dare spazio ad una concreta realtà europea a quel sound che fa breccia in America e che poi di riflesso nel mondo? Forse, non lo so, non posso capirlo. Al principio ascolto i Superbutt e proprio l’iniziale “Cleaver” mi induce a pensare che la band sia la solita “americanata panterosa”. Quando devo recensire ascolto e poi leggo di cosa e chi sto ascoltando, cioè i vari comunicati informativi allegati alle release. Con mia somma meraviglia scopro che i Superbutt innanzitutto sono ungheresi e nemmeno al primo album e infatti questo “Music for Animals” è il nuovo prodotto della loro concezione metal. Una concezione che dispone sicuramente sullo stesso piano un thrash alla Pantera, un discorso melodico tra i Crowbar, Down, l’hardcore e il nu metal più spinto e concreto. Una sound da calderone e derivativo? Mmm no, perché i Superbutt sono padroni di ciò che fanno e ascoltandoli ci si rende conto di come la band di András Vörös (vocalist dalla grande voce e personalità spiccata) abbia un songwriting comunque personale. Ovviamente le influenze sono sullo sfondo, ma il genere suonato non l’hanno mica inventato loro! Una canzone come “Best Plays” mette in mostra tutte le doti dei quattro musicisti e si candida ad essere il vero manifesto per la band, per via della potenza e del pathos melodico esposto. “Natasha” è un brano da pogo, da saltellare e che in alcuni istanti mi ha ricordato il carattere dei Testament. “Of This Gloom” è una canzone in cui l’equilibrio melodico, le perle soliste della sei corde (di Attila Kovács, uno nato per suonare queste cose) e la necessaria forza si alleano e lo stesso vale per “Revolting Kids”, la quale sconfina quasi nel progressive. “The Murder of Socrates” è struggente, ma sa anche di filo spinato che percuote. Mazzate, basso che bombarda (György Nedoluha), guitarworking maturo e spigliato e un drumming (Attila Erdei) che lavora come una cucitrice industriale. Non hanno nulla da invidiare a qualcuno i Superbutt e se “Music for Animals” non è abbastanza per capirlo, allora serve la versione doppio CD, dove la band svolge un lavoro esemplare. Sette pezzi, quattro cantati in ungherese (lingua molto musicale), nei quali il sound però si rivela anche più fluido rispetto ai pezzi dell’album. Segnalo “Túlütés”, potenziata dall’armonia vocale di una corista. Le altre tre sono delle cover: la trascinante “She’s a Lady” di Tom Jones, “Panic” dei loro connazionali The Moog, “Rockin’ in the Free World” di Neil Young, tutte dalla buona resa. “Music for Animals” è il piacevole e concreto risultato di una band dalla già provata esperienza e completamente padrona dei propri mezzi. (Alberto Vitale)
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